La ragazza che hai sposato, potrebbe essere completamente diversa da quello che immagini sia, esattamente…
Last Updated on 4 Marzo 2017 by Micaela
Io la adoro.
L’ho sempre detto e continuo a ripeterlo.
Chi?
Ma come chi?! Lei: Simona Fruzzetti!
Non la conosci?
Ho letto tutti i suoi libri, ho notato la sua crescita come scrittrice, ho apprezzato le sue storie e il suo modo di raccontarle, sempre.
E poi è finalmente uscito il suo ultimo romanzo: Come hai detto che ti chiami?
Dio solo sa quanto l’ho atteso!!!
Ed ho già terminato di leggerlo.
Roba che mi dispiace di averlo finito. Mi dispiace davvero tanto.
(Simò, datte ‘na mossa mo’ però, eh!)
Come hai detto che ti chiami? – La storia
Mi sono affezionata a Giulia Agrippina, la protagonista, a sua nonna Italia, al professore bello e tenebroso Valerio, a quel romanticone di suo fratello che ha perso dannatamente la testa, compreso di rotelle, per Erika, la donna perfetta tutta cuori e sorrisi…
Insomma, mi sono affezionata a tutti i personaggi.
Sono riuscita perfettamente ad immaginarmeli nella mia mente, ho dato loro un volto, uno stile, persino ho immaginato il loro tono di voce.
Per farla breve, il romanzo è la storia di Giulia, che da sempre (come è ovvio) convive con un nome alquanto pesante: Giulia Agrippina Augusta, frutto di una passione sfrenata verso la storia romana di suo padre. A suo fratello gemello è andata decisamente meglio: Marco Aurelio si può anche sopportare, ma Agrippina Augusta, no.
Così lei cresce con il pallino dei nomi propri: quando conosce qualcuno deve immediatamente scoprire il significato del suo nome proprio per poter capire se poterci andare d’accordo oppure no. Una roba del tipo che ogni mattina devi leggere l’oroscopo per sapere come andrà la giornata. Lei lo fa con i nomi.
A volte ci azzecca, altre volte no. Esattamente come l’oroscopo.
Ma torniamo alla storia. Giulia è una donna che è rimasta tremendamente scottata da un amore naufragato, quindi la sua pelle si è indurita, il suo cinismo la protegge da eventuali coinvolgimenti che sono sempre l’anticamera di una delusione e di una sofferenza.
Tratta tutti con distanza, ironia, sarcasmo.
Tutti tranne sua nonna, Italia, per cui ha un affetto e una tenerezza infiniti.
Questa sua corazza, spesso, la porta a comportarsi addirittura con cattiveria: ferisce i sentimenti delle persone a lei più care, che però conoscendola, la perdonano e la riaccolgono a braccia aperte.
E’ un’attenta osservatrice del genere umano, pesa e pondera le parole e i gesti degli altri, ma non i suoi.
Non riesce a guardarsi dal di fuori e a capire che l’immagine che da di se’ è decisamente diversa da ciò che è realmente.
Per fare questo ha bisogno dell’intervento di Valerio, che piomba nella sua vita come un grosso incidente, quasi come una sciagura.
Accade di tutto: attacchi di panico, pedinamenti, fraintendimenti, ascensori bloccati…
Valerio riesce a farle comprendere quanto di bello si perde della sua esistenza, quanto di buono c’è nelle persone e persino quanto affetto delle persone care sfuma piano piano, anche se pure lui è vittima della sua stessa malattia di prevenzione dalle emozioni.
Giulia ha un cuore grande: è generosa e aperta agli altri, nonostante tutto.
E altrettanto è Valerio.
Il ritmo del romanzo è incalzante, veloce, lo stile è spiritoso, brillante … e il modo di parlare di Giulia è proprio quello con cui si esprime Simona Fruzzetti, l’autrice, che ho la fortuna di conoscere personalmente (e che, come Giulia è davvero simpatica e travolgente!).
Se proprio dovessi trovare il pelo nell’uovo, direi che il dialetto romanesco del signor Gino non è del tutto convincente… ma va anche bene così.
Ma per il resto, è una storia godibilissima, divertente, a diversi tratti esilarante…
E’ finora l’unico romanzo che mi ha fatto ridere talmente forte di notte piena, tanto da temere il risveglio delle mie tre belve… e se fosse accaduto, ne sarebbe comunque valsa la pena.
Ovviamente, vi consiglio caldamente di leggere “Come hai detto che ti chiami?”, perché abbiamo bisogno di ridere a gran voce. Tutti.
Perché abbiamo bisogno di belle storie.
Perché abbiamo bisogno di messaggi positivi.
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Grazie. Di cuore.