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Last Updated on 19 Giugno 2022 by Micaela
Il film di BAZ LUHRMANN è la storia di Elvis Presley (Austin Butler) raccontata dalla voce del suo onnipresente manager Tom Parker (Tom Hanks).
Elvis e Tom Parker
Ormai anziano e malmesso, il colonnello Parker (che tutto è, tranne che un colonnello), ripercorre la vita del suo pupillo Elvis dagli albori, raccontando della sua formazione, di come l’abbia scoperto, di come questa stella sia esplosa spontaneamente e di come il successo l’abbia annientata.
Parker racconta il passato, ma non lo fa per essere redento dai propri peccati, perchè secondo la sua ottica lui ha fatto ciò che andava fatto e l’ha fatto nel migliore dei modi possibili. Il suo è un racconto come per tramandare questa storia, per non farla dimenticare, per darle il giusto riconoscimento. Ancora una volta, non lo fa per Elvis, lo fa per se stesso, sempre convinto di aver fatto bene. Il suo personaggio non ne esce affatto bene, non ispira simpatica, nemmeno quando ci prova con tutto se stesso a provare affetto e vicinanza ad un ragazzo in difficoltà. No, non ci si riesce a stare dalla sua parte, ma di fatto è lui l’artefice della stella di Elvis. Su questo non c’è ombra di dubbio.
Elvis il film – la storia
Nato in estrema povertà, Elvis cresce in un quartiere nero lungo il Mississipi, qui entra in contatto con la musica gospel, con il jazz, con il country e ne è letteralmente rapito.
Le movenze di quelle persone, il coinvolgimento di quelle musiche, il significato di quelle parole, tutto gli entra nei pori della pelle per poi assumere una propria forma e ben presto il ragazzo prende la sua strada.
Unico nel suo genere, viene notato da Tom Parker, che nemmeno se ne intendeva di musica, anzi. Ma se ne intendeva di soldi e sapeva ben riconoscere quando aveva di fronte una macchina da guerra. Ed Elvis lo era come nessun altro al mondo.
Elvis la macchina da soldi a tutti i costi
Il manager è un abile manipolatore, un dissuasore e un persuasore. Vuole modellare Elvis in base a quanto il mercato richiedeva man mano, senza inimicarsi l’America puritana, che vedeva nelle movenze di Elvis l’ombra del diavolo. Cerca di sopprimere la genialità e l’unicità dell’artista in nome di contratti multimilionari, cerca di enfatizzare invece gli elementi che potevano funzionare, noncurante di quelle che erano le volontà di Elvis stesso, che doveva eseguire come una marionetta.
Il suo unico interesse non era la crescita di Elvis come artista e come uomo o il suo benessere, l’importante era fare soldi. Una montagna di soldi. E ci è riuscito brillantemente, non c’è che dire.
Tom Parker fu un genio: senza il suo operato probabilmente Elvis non avrebbe avuto la cassa di risonanza che poi ha avuto. Parker fu il primo a vedere la potenzialità del merchandising, fu il primo a puntare sul pubblico adolescenziale che stava per la prima volta diventando un segmento di mercato importante.
Ma fu la prima causa dell’implosione di Elvis.
Eppure Presley ha provato a ribellarsi a questo meccanismo, ha provato a far girare gli ingranaggi in maniera diversa, ma niente, ci era dentro fino al collo e non poteva fare diversamente. La solitudine in cui si trovava, il sistema stesso in cui aveva ambito tanto ad entrare, l’aveva del tutto reso schiavo.
Ma il film non è solo questo. E’ molto di più.
Elvis l’uomo
Il film parla di Elvis, l’uomo. Delle sue fragilità, delle sue paure, dei suoi affetti. Del rapporto simbiotico con la madre, l’unica a volere davvero il suo bene. Parla di un padre inesistente, incapace, inconcludente.
Parla di una storia d’amore delicata, quella con Priscilla, che diventò, dopo la morte della madre, il suo unico porto sicuro.
Parla di un uomo profondamente solo e in balia degli eventi che erano del tutto fuori dal suo controllo.
Elvis era felice?
Era felice Elvis? Lo era, solo quando saliva sul palco. Una volta scesi quegli scalini, aveva un profondo vuoto dentro, che colmava impasticcandosi e facendosi ulteriore male.
Questo è un film dove la musica di Elvis è la protagonista. Ogni momento della sua vita è scandito da una canzone diversa, ripercorrendo quindi l’evoluzione di un artista che ha cambiato mille volte, pur mantenendo la propria radice.
Un film politico, inevitabilmente
E poi emerge l’ipocrisia dell’epoca, il contesto sociale in cui Elvis è vissuto. Prima osannato, poi censurato e mandato a espletare servizio militare in Germania, poi obbligato a conformarsi, per poi condannarlo e giudicarlo nella sua parabola discendente.
Elvis è anche un film politico, di denuncia. Difficile scollare il personaggio di Elvis dagli anni dell’attentato a Kennedy, a Marthin Luther King, all’America del “self made man”.
Il biopic dura più di due ore dense ed emozionanti. Una ricostruzione dettagliata e ricercata, degna del personaggio che rappresenta: il re del Rock ‘n Roll.
Elvis è al cinema dal 22 giugno.
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