Last Updated on 2 Febbraio 2016 by Micaela

Joe Bastianich, prima di essere conosciuto come uno dei giudici (forse il più pittoresco e simpatico) di Masterchef Italia, è colui che ha acceso i riflettori sulla figura del “Restaurant Man“, o meglio il direttore di sala, la persona che fa da padrone di casa nei ristoranti di lusso, ti accoglie, ti mette a tuo agio, ti suggerisce i piatti migliori, i vini migliori, conosce le tue esigenze e i tuoi gusti…

Joe Bastianich: Da New York all’Italia: storia del mio ritorno a casa

Incuriosita dalla sua parlata, dalle sue battute, dai suoi modi di fare, ho deciso di leggere il suo ultimo libro: “Giuseppino – Da New York all’Italia: storia del mio ritorno a casa“.

joe bastianich giuseppino il libro

Questo in realtà risulta essere, non solo la storia della sua famiglia, ma anche uno spaccato di quello che era la condizione di alcune famiglie italiane che, all’epoca dei suoi nonni, si sono viste costrette ad andare via dall’Italia (nel suo caso dall’Istria, che non era più Italia), carichi soltanto di speranze e di tanta voglia di lavorare e dare una possibilità ai propri figli.
Questa è la storia dei suoi nonni (sua nonna è ancora un grande punto di riferimento nella vita di Joe, dalle sue parole traspare affetto, stima e tanta considerazione!), è la storia dei suoi genitori, che hanno saputo gettare le basi a quello che poi diventerà il suo grande successo, la cosa per cui lui stesso ha riscattato tutti quanti!

All’inizio è simpatico vedere come lui, da piccolo, detestasse le proprie origini italiane: fatte di odore di sugo già dalla prima mattina, di panini unti e carichi di ogni ben di Dio come pranzo a scuola (invece dei sandwich di plastica dei compagni inodore, incolore, insapore), di richiami dalla finestra, di modi di dire e di fare completamente diversi da quelli che erano propri invece degli americani.
E lui si sentiva diverso. Non gli piaceva affatto. Cercava di omologarsi e non ci riusciva.
Parla di volontà e fatica, tanta, che hanno impiegato i propri genitori per realizzarsi in quella terra. Parla di sacrificio e di successo.
Poi, arriva la conoscenza della sua terra di origine: accompagnando i propri genitori in un tour enogastronomico per l’Italia, ne apprezza le bellezze, i modi di fare, i sapori… e se ne innamora.
Le cose rimangono a decantare lì, nel suo animo, come un buon vino, per poi riesplodere prepotentemente nel momento in cui lui aveva intrapreso quella che non era affatto la sua strada, nella New York finanziaria, come broker, ingessato in una vita senza creatività, senza libertà, senza sapore.
Dopo due anni di quella vita, Joe scappa. Vola di nuovo in Italia, alla ricerca di se stesso.

E lo trova. Altrochè se lo trova.
E da lì, la sua decisione di diventare un imprenditore del buon cibo e del buon vino. Pur non essendo uno chef, pur non sapendo nulla di come coltivare una vigna, riesce a circondarsi delle persone giuste e dà vita a quella che era stata la sua intuizione: riportare la cucina italiana in America, ma la vera cucina italiana! E non solo. Aprire qui in Italia un luogo tutto suo, a sua immagine e somiglianza, dove accogliere le persone, accudirle e dare loro il cibo e il vino che lui personalmente ha scelto e curato.
Poi parla del successo televisivo, del suo rapporto con gli altri giudici, con il pubblico, di come sia cambiato lui e tante altre belle cose…

Come un’ombra, la figura materna gli fa da sfondo, lo tiene per mano in ogni sua decisione, lo appoggia, lo consiglia, lo instrada senza mai forzarlo.
Ed è bellissimo!
Tutto il racconto è accompagnato dal cibo. Il ruolo che aveva, ed ha, il cibo in questa storia è prepotente. Ed è inevitabile.
Uno squarcio nell’animo apparentemente tutto d’un pezzo di questo Joe Bastianich – ironman, che ne fa uscire il suo lato umano, che smussa qualche spigolo e che evidenzia la sua determinazione, la sua professionalità e il suo modo di vedere l’Italia e il suo grande amore per questa terra.
Lo stesso amore, che forse, noi Italiani, non riusciamo più ad avere. Ed è un peccato.

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